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  • Immagine del redattoreAlessandro Di Maggio

L'albo dei musicisti serve veramente?

L’istituzione di un albo può essere la soluzione a tutti i mali che affliggono i musicisti professionisti?



Molti musicisti, soprattutto quelli cosiddetti “titolati”, cioè i diplomati al conservatorio, sono convinti che l’istituzione di un Albo dei musicisti e relativo Ordine professionale, sarebbe la naturale cura al male della disoccupazione che ormai dilaga nel mercato della musica. Così facendo, finalmente, i musicisti professionisti vedrebbero riconosciuta la loro professionalità a scapito di tutti i dopolavoristi o dilettanti che, a dir loro, spesso sono protagonisti di pratiche di concorrenza sleale. Tutto questo è realizzabile grazie ad una Legge la quale stabilisce che solamente chi è iscritto all’Albo può esercitare la professione di musicista.


Ma veramente l’istituzione di un albo può essere la soluzione a tutti i mali?


Faccio subito una premessa: l’istituzione di nuovi albi professionali è espressamente vietata dalle direttive europee, oltre ad essere una prassi in forte contrasto con il trend del mercato del lavoro degli ultimi anni, particolarmente orientato, invece, alla deregolamentazione ed alla liberalizzazione delle professioni.


Detto ciò potremmo direttamente chiudere qui l’articolo, ma approfondiamo comunque la questione perché è uno di quegli argomenti che potremmo definire “caldi” e quindi che meritano un’attenta analisi.


La prima questione da risolvere riguarda l’esercizio dell’arte (e quindi anche della musica), considerata dalla costituzione italiana quale “forma di espressione libera”. Per prima cosa ci si chiede come può una Legge dello Stato, che notoriamente è una fonte di diritto di rango inferiore alla Costituzione Italiana, impedire o limitare una tale libertà (cioè quella di suonare)? L’unica scappatoia sembrerebbe essere quella di prevedere la retribuzione solo ai musicisti professionisti, mentre i non professionisti dovrebbero sempre suonare gratuitamente. Anche qui ci sarebbe da discuterne per ore, ma andiamo avanti.


Innanzi tutto vediamo cos’è un Ordine professionale.


L’Ordine professionale è una istituzione di autogoverno di una libera professione. I soggetti che ne fanno parte devono essere iscritti in un apposito Ordine o collegio, detto Albo professionale, che esercita il controllo e la sorveglianza sugli iscritti, anche con funzioni disciplinari.

Quali sono le principali funzioni di autogoverno di un Ordine professionale:

  • il governo deontologico della professione riguardo i comportamenti censurabili del professionista, con relativa applicazione di sanzioni disciplinari, come l'ammonimento, la sospensione e la radiazione;

  • la tutela delle funzioni proprie della professione, attraverso la segnalazione di abusi alle autorità giudiziarie;

  • la partecipazione alle Commissioni di esame di Stato per l'abilitazione degli aspiranti professionisti;

  • il visto di congruità sulle fatture rilasciate dal professionista a clienti e non pagate;

  • I controlli sul conseguimento dei titoli;

  • i controlli sull'esercizio abusivo della professione, che è riservata per Legge agli iscritti all’Albo professionale.

Vediamo ora quali sono i diritti ed i doveri di chi si iscrive ad un Ordine professionale:

  • Obbligo di sottoscrivere e rispettare un codice deontologico;

  • Obbligo di formazione e aggiornamento costante;

  • Obbligo di svolgere un tirocinio professionale, spesso non retribuito;

  • Obbligo di sostenere (e superare) un Esame di Stato;

  • Pagamento di una quota associativa annuale;

  • Diritto di poter svolgere la professione in determinati contesti professionali.

Viene da chiedersi: quali sono questi contesti professionali? Ad esempio nei casi di manifestazioni organizzate da soggetti pubblici come la RAI o l’insegnamento nelle scuole pubbliche o nei conservatori!?


In altri contesti dubito che si possa obbligare per Legge un soggetto privato (Cantanti, band, scuole private, associazione, pro-loco, locali, promoter, agenzie di spettacolo, etc.) a dover ingaggiare necessariamente un professionista. A mio avviso, sarebbe una grave ingerenza nell’attività imprenditoriale costituzionalmente garantita ad ogni cittadino o privata organizzazione.


Detto fra noi, mi sembrano più gli obblighi che i benefici… e parlo da iscritto ad un Albo professionale. Ma forse mi sfugge qualcosa, perché sembra che siamo in pochi a pensarla così. Aiutatemi a capire, perché proprio non riesco a vederci alcun beneficio nella istituzione di un Albo dei musicisti.


Infine, come nota conclusiva, ci tengo a segnalare che già esiste la possibilità di creare un qualcosa di simile ad un Ordine Professionale e ad un Albo (registro). Infatti, con la Legge 14 gennaio 2013, n. 4, in materia di professioni non organizzate in ordini o collegi, lo Stato dà la possibilità di creare o aderire a delle associazioni di professionisti – diverse da quelle organizzate in Ordini professionali – le quali si possono accreditare presso il Ministero dello sviluppo economico (MISE).


Queste associazioni sono inserite in un elenco tenuto, aggiornato e pubblicato dal MISE e possono rilasciare ai propri iscritti una attestazione di qualità dei servizi professionali, inserendo il loro nominativi in un registro pubblicato sul sito web dell’associazione.

Non è certamente come essere iscritti ad un Albo, ma è comunque un riconoscimento professionale di chi ha conseguito dei titoli accademici, ha maturato un’esperienza ed una professionalità superiore rispetto ai non professionisti.


Di recente è stata approvata una legge delega, che tra le tante questioni da risolvere nel mondo dello spettacolo, dovrebbe istituire un Registro nazionale dei professionisti dello spettacolo.

I requisiti e le modalità per l’iscrizione a questo registro verranno definite con un decreto del ministeriale. Quindi ancora non si sa se bisogna avere un titolo, ad esempio diploma di conservatorio o equipollente, se si potrà accedere con esame di idoneità o se basterà dimostrare una comprovata esperienza nel settore.

Questo è molto importante per capire chi sta dentro e chi sta fuori. Immagino che si cercherà di lasciare un ampio margine per evitare discriminazioni tra i musicisti.

Il registro professionale potrà stabilire delle tariffe professionali minime al di sotto delle quali non si può retribuire il musicista iscritto.


Verrà istituita anche una piattaforma digitale, per la gestione dei contratti per prestazioni di spettacolo occasionali.


Di conseguenza verrà abrogato il comma 188 della Legge finanziaria del 2007, che ha introdotto un sistema di esenzione per alcune categorie:

A) I giovani fino a diciotto anni.

B) Gli studenti (ad esempio gli universitari)

C) I pensionati

D) Coloro che svolgono una attività lavorativa per la quale sono già tenuti a versare i contributi ai fini della previdenza obbligatoria.


Infine, la legge delega specifica che (testuali parole) “l’esercizio delle attività professionali dello spettacolo non sarà condizionato all’iscrizione a tale registro”.

Fino a questa ultima disposizione sembrava tutto perfetto, ma a fronte di ciò mi chiedo: se per svolgere l’attività non serve essere iscritto al registro, perché mai un musicista – o generalmente un lavoratore dello spettacolo – dovrebbe iscriversi?

E ancora mi chiedo: l’iscrizione alle associazioni di professionisti, all’albo o al registro assicurerà più lavoro al professionista?


Un noto comico romano diceva: “la risposta è dentro di te, epperò è sbagliata”.

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