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  • Immagine del redattoreAlessandro Di Maggio

La musica è morta

Più di una volta ho sentito pronunciare questa frase dagli addetti ai lavori: “ormai la musica è morta”.



Con tale espressione, molti operatori nel settore del music business, rivolgendosi all’industria discografica ed agli eventi live, sostengono che (come si dice a Roma) non ci sia più “trippa per gatti”.

Cioè che girano sempre meno soldi e che l’interesse per la musica è progressivamente scemato. I dischi non si vendono più, i live club sono sempre vuoti, per non parlare dei teatri d’opera o eventi jazzistici, sempre più frequentati da una ristrettissima cerchia di affezionati.


I più esperti analisti economici, affermano che la musica ha smesso di essere un bene od un servizio economicamente rilevante.


Infatti, la musica, essendo divenuta facilmente reperibile in forma gratuita, prima per la pirateria, adesso per le piattaforme di streaming, nessuno (o comunque in pochi) è più disposto a pagare per goderne. Questo per quanto riguarda l’industria discografica. Mentre rispetto alle esibizioni live, pandemia a parte che ci ha bloccati in casa per quasi 2 anni, pare sia sempre più difficile reperire ingaggi dignitosamente retribuiti, soprattutto riguardo ai piccoli o medi eventi (serate nei locali, feste di piazza, matrimoni, pianobar, sale da ballo, etc.).

Eppure, se vai a leggere i report ufficiali, sembra proprio che i numeri crescano ogni anno di più.

Si legge, infatti, che il tempo trascorso ad ascoltare la musica è aumentato: le persone ascoltano una media di 19,1 ore settimanali (in crescita rispetto alle 16,3 ore del 2019);

Il tempo trascorso ad ascoltare la musica tramite audio streaming in abbonamento è cresciuto del 100%.


Da una indagine condotta dalla FIMI (Federazione Industria Musicale Italiana) pare sia emerso che la fruizione di musica sia in grado di offrire un potente contributo al benessere emotivo, soprattutto in tempi difficili:

  • l'86% degli intervistati ha affermato che la musica ha fornito una dimensione di divertimento e felicità durante la pandemia

  • e il 73% ha dichiarato che la musica ha fornito un senso di normalità durante il lockdown.

  • Il ruolo di supporto emotivo emerge soprattutto tra i più giovani: il 71% dei ragazzi tra i 16 e i 19 anni ha infatti affermato che le nuove release degli artisti preferiti sono stati d'aiuto durante la pandemia.

L'innovazione tecnologica, come gli short video, i live streaming e la commistione con il gaming, è ormai inarrestabile: in Italia il 70% del tempo trascorso su app di short video (pari a 5.2 ore settimanali) è investito su contenuti dipendenti dalla musica come le sincronizzazioni labiali e le sfide di danza. In questo campo il social network Tic Toc la fa da padrone.

Più di un quarto (il 26%) delle persone ha dichiarato di aver guardato un live streaming a contenuto musicale - ad esempio un concerto - negli ultimi 12 mesi e il 51% dei gamers ha mostrato interesse per i concerti virtuali creati per le piattaforme di gioco online.

Il leader dei servizi di streaming è Spotify, con 248 milioni di utenti mensili e 113 milioni di abbonati. Seguono molto distanziati Apple Music (con oltre 60 milioni di utenti) e Amazon Music (con 55 milioni).

Gli italiani trascorrono 16 ore a settimana ad ascoltare musica e il 57% lo fa usando un servizio di streaming. Tra i giovani di età 16-24 la percentuale di streamer sale al 71%.

Ma non c’è solo audio. Il 61% guarda video in streaming e l’81% usa YouTube anche per la musica.

Il 37% continua ad utilizzare la cara vecchia radio (in crescita del 29% rispetto all’anno scorso), il 22% usa lo smartphone (ma tra i giovani la percentuale sale al 44%), il 16% il computer. Una minoranza cita il giradischi/hi-fi 10% e il 2% gli smart speaker (anche se l’uso più ampio di questi ultimi è al 16%).


I generi più ascoltati sono il pop (63%), il pop italiano (61%), il rock (54%, soprattutto tra i 25-44enni), il cantautorato (49%). L’hip-hop e la trap si fermano al 25%, ma sono il secondo genere, dopo il pop, preferito dai giovani (53%).

Sull’acquisto di musica, a preferire i CD/DVD è la fascia 35-44, mentre i più giovani scelgono il download.


Per quanto riguarda invece le esibizioni live


Leggendo l’Annuario dello Spettacolo 2019 redatto dalla SIAE, si rileva che il volume d’affari delle attività concertistiche ufficiali (a cui si dovrebbero aggiungere tutte quelle non denunciate alla SIAE che non sono poche) è pari a 535.634.170 euro. L’Attività concertistica è composta per il 45,74% dai Concerti di musica leggera, per il 42,42% dai Concerti classici e per l 11,84% dai Concerti jazz.

La musica leggera è il comparto che esprime i valori più elevati. Il settore è molto sensibile all’offerta degli appuntamenti proposti dagli artisti di successo, dai cosiddetti big.

Rispetto agli anni precedenti, il 2019 è stato un anno positivo dal punto di vista dei risultati, con un incremento di tutti gli indicatori economici che hanno consentito all’intero settore di mantenersi su valori positivi.

Il settore della Classica ha ridotto la sua offerta relativamente al numero di spettacoli. Mentre il settore dei Concerti jazz è quello che manifesta i valori più contenuti.


La musica suonata


Se andiamo a leggere il report dell’Osservatorio Dismamusica sul mercato Italia degli strumenti musicali nel 2020, osserviamo che l’andamento economico generale del settore degli strumenti musicali ed edizioni musicali nel 2020 rispetto al 2019 è migliorato perché «la gente è rimasta di più a casa ed ha acquistato più strumenti musicali ed accessori per lo streaming; dopo la riapertura le vendite sono riprese in percentuale più alta rispetto agli anni precedenti compensando i mesi di chiusura; le imprese che vendevano su internet hanno incrementato le vendite».

La vendita delle chitarre ha subito un incremento del 15% rispetto all'anno precedente.

Se nel 2019 le vendite delle chitarre si aggiravano - come fatturato mondiale - attorno ai 6,8 miliardi di euro, nel 2020 le statistiche parlano di cifre che arrivano a circa 7,8 miliardi di euro, di cui 1,4 soltanto negli Stati Uniti.


Prima della pandemia la perdita di interesse per la sei corde era stata attribuita al cambio dei generi musicali preferiti dalle fasce di età più giovani.

A dare una spinta importante alla vendita delle chitarre sarebbe stato anche le vendite online e la pandemia.

Le persone hanno avuto più tempo per stare da sole in casa, ed evidentemente in molti ne hanno approfittato per approfondire l'uso di questo strumento musicale o di riprenderlo in mano dopo anni di abbandono. Un fenomeno, che associato all’utilizzo di software, applicazioni e tutorial online su come imparare a suonare uno strumento, ha fatto ritornare di moda la chitarra. La quale si conferma sempre più un simbolo di aggregazione e di ritrovo.


In conclusione


Possiamo tranquillamente affermare che la musica non sia ancora morta.

Non vedo nessun calo nel consumo di musica anzi, al contrario, grazie alla pandemia, mi pare ci sia stato un incremento.

All’aumento dell’appetibilità della musica suonata, senza dubbio ha contribuito anche il fenomeno maneskin, i quali, dopo il successo planetario ottenuto con un ritorno alla musica rock suonata, ha avvicinato migliaia di ragazzi ad iniziare l’avventura di imparare a suonare uno strumento. Ma ne parlerò in un altro podcast.


Il modo di “consumare” la musica è cambiato profondamente in questi ultimi anni


Nel 2010, l’84% del mercato era dominato delle vendite di supporti fisici, nel 2019 queste sono scese al 26% e lo streaming è salito al 63% del mercato.


Questo grosso cambiamento è iniziato con Napster, è passato attraverso l’abbassamento del costo d’acquisto dei masterizzatori e dei supporti CD che ha aperto le porte alla pirateria, ma il colpo di grazia l’hanno inferto youtube e spotify, con il loro streaming gratuito.


Ad uccidere gli eventi live, invece, c’ha pensato il covid, che ha messo in crisi l’intero settore dello spettacolo in presenza, mentre l’appetibilità della musica suonata, è stata progressivamente compressa da tutti gli intrattenimenti di cui ognuno di noi (soprattutto i ragazzi) può godere grazie ai vari social, alle piattaforme di film ed eventi sportivi, i videogames, i vari canali di tv satellitari, etc.

Oggi tutto è veloce e frugale.

I social, ogni giorno, affinano le migliori tecniche per catturare la nostra attenzione, incentivando esclusivamente il passatempo c.d. passivo, cioè quello dove non si crea nulla. Nessuno è più propenso (ed invogliato) a prodigarsi nelle attività creative, quali suonare uno strumento musicale, scrivere o disegnare, pertanto sono inevitabilmente destinate a soccombere.


Per questo motivo chi lavora nella musica, nell’editoria e nelle arti grafiche si lamenta di perdere sempre più terreno e incontrare difficoltà a portare la pagnotta a casa.


Ma questo è così da anni. Ad ogni avvento della tecnologia c’è sempre stato chi ha perso il lavoro, ma anche chi ne ha trovato uno nuovo.

Quanto è stato introdotto l’uso del pc negli uffici, le dattilografe sono andate a casa lasciando il posto ai programmatori. E questo è solo uno dei mille esempi che si possono citare.

Se vogliamo stare al passo con i tempi e continuare a lavorare con la musica, evitiamo di concentrarci solo sulla riduzione di lavoro, ma impegniamoci nel trovare quello spazio che sicuramente si è creato con il cambiamento.

Non dico che sia una cosa semplice e tanto meno immediata, ma francamente non vedo altre alternative.

Accanirsi contro la società ignorante che non apprezza più la musica, lo Stato che non ci tutela o gli organizzatore di eventi che non pagano abbastanza, non mi pare una soluzione.


Se vogliamo veramente che le cose cambino in meglio, i primi a cambiare dobbiamo essere noi.


Quando ti rendi conto di non riuscire a raggiungere degli obiettivi, non abbassare il tiro, ma agisci diversamente per raggiungerli. Anche perché, fare sempre la stessa cosa aspettandosi risultati diversi, è pura follia. (cit.)

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